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API: facciamo chiarezza. Terminologia e approcci

API sta per Application Programming Interface, tradotto in italiano come Interfaccia di Programmazione delle Applicazioni. È un insieme di definizioni e protocolli che permette a diversi software o componenti software di comunicare tra loro. Le API consentono agli sviluppatori di interagire con altre applicazioni o servizi, definendo le richieste che possono essere fatte, il formato dei dati da inviare e ricevere e le azioni che il software può eseguire.

L’API può essere pensata come un cameriere in un ristorante: è un’analogia molto utile per comprendere il suo ruolo. Ecco come funziona:

  • Cliente (utente o applicazione): Tu, il cliente, vai al ristorante e scegli dal menu quello che desideri. Non ti preoccupi di come il cibo venga preparato in cucina, vuoi solo riceverlo.
  • Menu (documentazione dell’API): Il menu rappresenta le opzioni che il ristorante (o l’applicazione) ti offre. Ogni piatto sul menu è simile a una funzione o servizio che l’API ti mette a disposizione. La documentazione dell’API ti mostra cosa puoi “ordinare” e come farlo.
  • Cameriere (API): Il cameriere prende la tua richiesta (ordine), la porta in cucina (il sistema di backend), e poi ti riporta il cibo (risposta) preparato dalla cucina. Il cameriere è un intermediario che si occupa di tradurre la tua richiesta in qualcosa che la cucina può comprendere e, viceversa, ti restituisce il risultato in un formato che tu possa usare.
  • Cucina (sistema o server): La cucina è dove viene fatto tutto il lavoro reale. Qui, gli chef preparano il piatto (eseguono l’operazione richiesta dall’utente) secondo l’ordine passato dal cameriere. Tuttavia, come cliente, non vedi cosa succede in cucina; vedi solo il risultato finale (la risposta dell’API).

Quindi l’API, come il cameriere, facilita la comunicazione tra due parti (il cliente e la cucina) senza che queste debbano interagire direttamente. Fornisce un’interfaccia semplice per fare richieste e ottenere risposte.

Esistono diversi tipi di API, ciascuno con scopi specifici e modalità di utilizzo diverse. Ecco una panoramica dei principali tipi di API:

1. API Web (o API HTTP/RESTful)

Le API Web consentono la comunicazione tra server tramite il protocollo HTTP. Sono tra le API più comuni, utilizzate per integrare servizi e applicazioni web. Viene utilizzato il formato JSON o XML. Seguono il principio dello statelessness, dove ogni richiesta dal client al server deve contenere tutte le informazioni necessarie per essere compresa ed elaborata. Il server non mantiene alcun stato delle richieste precedenti, il che facilita la scalabilità e la distribuzione.

Un esempio classico è un’API RESTful che permette di ottenere informazioni meteo da un servizio esterno tramite chiamate HTTP (GET, POST, PUT, DELETE).

2. API di Sistema

Consentono a software e hardware di interagire con il sistema operativo. Forniscono funzioni per accedere a risorse di sistema come file, memoria, processi e dispositivi. Un esempio potrebbe essere le API di Windows (WinAPI) che consentono ai programmi di interagire con il sistema operativo Windows.

3. API di Libreria o Framework

Le API di libreria o framework forniscono funzioni o classi che gli sviluppatori possono utilizzare per svolgere compiti specifici all’interno delle loro applicazioni. Esempio: l’API di jQuery (una libreria JavaScript) che semplifica la manipolazione del DOM nel browser.

4. API per Database

Consentono di interagire con un database per eseguire operazioni come query, aggiornamenti e gestione delle transazioni, come ad esempio, le API di SQL (JDBC in Java) permettono di eseguire operazioni su un database SQL.

5. API Remote (RPC – Remote Procedure Call)

Le API Remote permettono l’esecuzione di procedure o metodi su un’altra macchina o server tramite una rete. L’API invia una richiesta al server remoto che esegue l’operazione e restituisce il risultato.

6. API SOAP (Simple Object Access Protocol)

SOAP è un protocollo basato su XML che consente lo scambio di informazioni strutturate tra sistemi tramite HTTP, SMTP e altri protocolli. . A differenza di REST, che utilizza semplici metodi HTTP, SOAP utilizza XML per formattare i messaggi e ha una struttura più complessa.

Le API SOAP vengono utilizzate esclusivamente per le applicazioni Web e dispongono di comandi integrati per garantire la sicurezza dei messaggi, rendendole adatte per applicazioni altamente sicure, ad esempio, per l’erogazione dei servizi bancari, come il controllo del saldo o la gestione di trasferimenti di denaro.

7. API GraphQL

GraphQL è un linguaggio di query per le API che consente ai client di richiedere esattamente i dati di cui hanno bisogno. È un’alternativa a REST e consente di ottenere più risorse in una singola richiesta.

8. API per Microservizi

API che vengono utilizzate per comunicare tra i diversi componenti di un’architettura a microservizi. Questi componenti sono spesso autonomi e utilizzano API per interagire tra loro. Rientrano in questo contesto le API RESTful o gRPC che permette ai diversi servizi di un’applicazione e-commerce (come il servizio di gestione degli ordini, il servizio di inventario, ecc.) di comunicare. Generalmente lavorano con formati di dati come JSON o XML. JSON è il formato più comune grazie alla sua leggerezza e facilità d’uso con JavaScript.

9. API Cloud

Le API Cloud consentono di interagire con i servizi cloud per gestire risorse come server virtuali, database, servizi di storage, ecc. Un esempio sono le API di Amazon Web Services (AWS) per la gestione di istanze EC2, S3, e altri servizi cloud.

10. API Hardware

Consentono alle applicazioni di interagire direttamente con l’hardware, come periferiche, sensori, e altri dispositivi fisici. L’API di OpenGL per l’interazione con la GPU (Graphics Processing Unit) per il rendering di grafica 3D è un esempio.

11. API Interne (o Private API)

Queste API sono accessibili solo a partner selezionati e sono utilizzate per l’integrazione tra sistemi di diverse organizzazioni che collaborano. Solo gli sviluppatori a cui è stato concesso l’accesso per lavorare con l’API possono accedervi. Le API vengono rese private per vari motivi. Ad esempio, per proteggere dati riservati (gestione delle buste paga), accelerare lo sviluppo, migliorare i flussi di lavoro interni o per motivi aziendali. Se stiamo lavorando su un’applicazione su larga scala, è meglio proteggere le API rendendole private.

12. API Pubbliche (o Open API)

Queste API sono aperte e accessibili a tutti, permettendo agli sviluppatori esterni di costruire applicazioni che interagiscono con il servizio offerto. Solitamente hanno restrizioni minime o nessuna, consentendo a qualsiasi sviluppatore di accedere ai dati e alle funzioni del servizio. Un esempio è l’API di Twitter che permette agli sviluppatori di accedere ai dati dei tweet, utenti, e altre funzionalità di Twitter.

13. API Partner

Questo è un caso speciale di API privata. Tali API non sono disponibili pubblicamente, ma vengono utilizzate da partner esterni per accedere a determinate funzioni o dati.

14. API Composite

Sono API che consentono di effettuare una singola richiesta per ottenere dati da più fonti o servizi, aggregando i risultati in un’unica risposta, come ad esempio un’API che raccoglie dati da più microservizi per costruire una vista unificata del profilo di un cliente.

I formati JSON e XML

JSON (JavaScript Object Notation) e XML (eXtensible Markup Language) sono formati di dati standard per l’interazione con le API. Questi formati hanno lo stesso scopo fondamentale: codificare le strutture dati trasferite tra il server e il client in un modo comprensibile per entrambi.

JSON è un formato leggero di interscambio di dati basato su JavaScript. È facile per le persone leggere e scrivere e facile per le macchine analizzare e generare.

XML è un linguaggio di markup che definisce una struttura per codificare i documenti in un formato che può essere letto sia dagli esseri umani che dalle macchine. XML è meglio conosciuto per la sua capacità di lavorare con strutture dati complesse.

Differenze tra JSON e XML

  • Facilità di lettura. La sintassi JSON è più leggibile. È ideale per interazioni rapide ed è più accessibile agli sviluppatori. XML ha una sintassi più complessa. È più adatto per rappresentare strutture dati e documenti complessi.
  • Dimensione. JSON è più compatto e leggero. Fornisce un trasferimento dati più veloce e una larghezza di banda inferiore. XML è più lungo a causa dell’uso dei tag di markup.
  • Tipi di dati. JSON supporta tipi di dati come stringhe, numeri, matrici e oggetti. In XML, tutti i dati sono scritti in formato testo, il che richiede l’analisi per determinati tipi di dati.
  • Analisi e prestazioni. JSON è più veloce da analizzare, soprattutto in un ambiente JavaScript, grazie alla sua compatibilità. XML viene analizzato ed elaborato più lentamente e richiede più risorse.
  • Supporto dello schema. Gli schemi JSON sono disponibili, ma non così estesi come gli schemi XML. Lo schema XML è molto efficace per convalidare la struttura del documento e i tipi di dati.

Qualsiasi formato di dati per la comunicazione è lecito, ma poiché non esiste un formato ideale per tutte le occasioni, è necessario orientarsi tra le differenze e scegliere in base alle proprie esigenze.

Utilizzando JSON e XML

A volte è meglio utilizzare JSON come formato dati, mentre in altri casi è meglio dare la preferenza a XML. Sapere quando e dove usarli è molto importante.

JSON può essere utilizzato quando:

  • Hai bisogno di un formato dati leggero
  • Lavori con le API Web, soprattutto in un ambiente JavaScript
  • La semplicità e la leggibilità sono molto importanti
  • Hai a che fare con strutture dati più semplici e devi ridurre la larghezza di banda della comunicazione.

Puoi utilizzare XML quando:

  • Lavorerai con strutture dati complesse?
  • È richiesta la convalida del formato e della struttura dei dati
  • Si prevede che funzioni con applicazioni che richiedono metadati estesi e dati descrittivi
  • Lo scambio di dati deve essere altamente estensibile e autodescrittivo

Che cos’è l’endpoint API

Un endpoint API è un URL attraverso il quale un client può accedere all’API per eseguire azioni come il recupero, l’aggiornamento o l’eliminazione dei dati. Gli endpoint rappresentano funzioni e servizi forniti da un’API.

L’endpoint consente all’API di interagire con l’applicazione su cui stai lavorando, consentendo la comunicazione e la condivisione delle informazioni. Per accedervi vengono utilizzati metodi HTTP come GET, POST, PUT e DELETE, che determinano il tipo di operazione da eseguire.

Endpoint API di esempio

Diamo un’occhiata ad un esempio di API REST per la gestione delle informazioni sugli studenti in un’applicazione web. Possiamo strutturare l’API con diversi endpoint per gestire le operazioni CRUD (Create, Read, Update, Delete) sugli studenti. Supponiamo che l’URL di base per l’API sia https://api.example.com.

Ottenere la lista di tutti gli studenti

  • Endpoint: GET /students
  • Descrizione: Restituisce una lista di tutti gli studenti.
  • Esempio di URL: https://api.example.com/students

Risposta:

[
  {
    "id": 1,
    "name": "Mario Rossi",
    "age": 21,
    "course": "Ingegneria Informatica"
  },
  {
    "id": 2,
    "name": "Luca Bianchi",
    "age": 22,
    "course": "Medicina"
  }
]

Ottenere i dettagli di uno specifico studente

  • Endpoint: GET /students/{id}
  • Descrizione: Restituisce i dettagli di uno studente specifico identificato dal suo ID.
  • Esempio di URL: https://api.example.com/students/1

Risposta:

{
  "id": 1,
  "name": "Mario Rossi",
  "age": 21,
  "course": "Ingegneria Informatica"
}

Creare un nuovo studente

  • Endpoint: POST /students
  • Descrizione: Aggiunge un nuovo studente al database.
  • Esempio di URL: https://api.example.com/students

Richiesta:

{
  "name": "Giulia Verdi",
  "age": 20,
  "course": "Economia"
}

Risposta:

{
  "id": 3,
  "name": "Giulia Verdi",
  "age": 20,
  "course": "Economia"
}

Aggiornare le informazioni di uno studente esistente

  • Endpoint: PUT /students/{id}
  • Descrizione: Modifica le informazioni di uno studente esistente.
  • Esempio di URL: https://api.example.com/students/1

Richiesta:

{
  "name": "Mario Rossi",
  "age": 22,
  "course": "Ingegneria Informatica"
}
Risposta:
{
  "id": 1,
  "name": "Mario Rossi",
  "age": 22,
  "course": "Ingegneria Informatica"
}

Eliminare uno studente

  • Endpoint: DELETE /students/{id}
  • Descrizione: Rimuove uno studente dal database.
  • Esempio di URL: https://api.example.com/students/1

Risposta:

{
  "message": "Studente con ID 1 eliminato con successo"
}

Metodi HTTP

Tra i quasi 40 metodi HTTP registrati, i quattro più comuni e ampiamente utilizzati nelle API RESTful sono GET, POST, PUT, e DELETE. Questi metodi sono fondamentali per eseguire le operazioni CRUD (Create, Read, Update, Delete) su risorse definite dagli endpoint API.

  • GET: Il metodo GET è utilizzato per recuperare dati da una risorsa. Non altera lo stato del server; è un’operazione di sola lettura.
    • Utilizzo: Richieste di lettura come ottenere la lista di tutti gli studenti, ottenere i dettagli di uno studente specifico, ecc.
    • Esempi:
      • GET /students → Recupera la lista di tutti gli studenti.
      • GET /students/1 → Recupera i dettagli dello studente con ID 1.
    • Risposta: Generalmente restituisce un codice di stato HTTP 200 (OK) insieme ai dati richiesti.
  • POST: Il metodo POST è utilizzato per inviare dati al server per creare una nuova risorsa. Causa un cambiamento di stato o effetti collaterali sul server, come l’inserimento di dati in un database.
    • Utilizzo: Creazione di nuove risorse, come l’aggiunta di un nuovo studente.
    • Esempio:POST /students → Crea un nuovo studente nel database.
    • Richiesta: Include i dati della nuova risorsa nel corpo della richiesta (generalmente in formato JSON).
    • Risposta: Solitamente restituisce un codice di stato HTTP 201 (Created) con i dettagli della nuova risorsa creata.
  • PUT: Il metodo PUT è utilizzato per aggiornare una risorsa esistente. Invia i dati necessari per modificare la risorsa e sovrascrive completamente l’elemento identificato.
    • Utilizzo: Modifica di risorse esistenti, come l’aggiornamento delle informazioni di uno studente.
    • Esempio:PUT /students/1 → Aggiorna i dettagli dello studente con ID 1.
    • Richiesta: Include i dati aggiornati della risorsa nel corpo della richiesta (generalmente in formato JSON).
    • Risposta: Generalmente restituisce un codice di stato HTTP 200 (OK) o 204 (No Content) se l’operazione è riuscita.
  • DELETE: Il metodo DELETE è utilizzato per rimuovere una risorsa specifica dal server.
    • Utilizzo: Eliminazione di risorse, come la rimozione di uno studente dal database.
    • Esempio:DELETE /students/1 → Elimina lo studente con ID 1.
    • Risposta: Generalmente restituisce un codice di stato HTTP 200 (OK), 204 (No Content), o 202 (Accepted) per indicare che la risorsa è stata eliminata con successo.

Codici di stato HTTP

I codici di stato HTTP sono numeri che vengono restituiti dal server in risposta a una richiesta HTTP effettuata dal client (ad esempio, il browser o un’applicazione). Questi codici indicano il risultato della richiesta e aiutano a determinare se è stata completata con successo o se si sono verificati errori. I codici di stato sono divisi in cinque classi principali, ciascuna rappresentata dalla prima cifra del codice.

Classi di Codici di Stato HTTP

  1. 1xx: Informativi
    • 100 Continue: Il server ha ricevuto la parte iniziale della richiesta e il client può continuare a inviare il resto
    • 101 Switching Protocols: Il server accetta di cambiare il protocollo di comunicazione, come richiesto dal client
  2. 2xx: Successo
    • 200 OK: La richiesta è stata completata con successo e il server ha restituito i dati richiesti (ad esempio, una pagina web o un oggetto JSON)
    • 201 Created: La richiesta ha avuto successo e ha comportato la creazione di una nuova risorsa
    • 202 Accepted: La richiesta è stata accettata per l’elaborazione, ma non è ancora stata completata
    • 204 No Content: La richiesta è stata eseguita con successo, ma il server non restituisce alcun contenuto
  3. 3xx: Reindirizzamenti
    • 301 Moved Permanently: La risorsa richiesta è stata spostata in modo permanente a un nuovo URL, che viene fornito nella risposta
    • 302 Found: La risorsa richiesta si trova temporaneamente in un diverso URL
    • 304 Not Modified: Il client può utilizzare una versione memorizzata nella cache della risorsa, poiché non è stata modificata dal server
  4. 4xx: Errori del Client
    • 400 Bad Request: La richiesta non è valida o il server non può elaborarla
    • 401 Unauthorized: Il client deve autenticarsi per ottenere la risorsa richiesta
    • 403 Forbidden: Il server ha capito la richiesta, ma rifiuta di autorizzarla
    • 404 Not Found: La risorsa richiesta non è stata trovata sul server
    • 405 Method Not Allowed: Il metodo HTTP utilizzato nella richiesta non è consentito per la risorsa specificata
    • 409 Conflict: La richiesta non può essere completata a causa di un conflitto con lo stato attuale della risorsa
  5. 5xx: Errori del Server
    • 500 Internal Server Error: Il server ha riscontrato un errore interno e non è in grado di completare la richiesta
    • 501 Not Implemented: Il server non supporta la funzionalità richiesta per completare la richiesta
    • 502 Bad Gateway: Il server agendo come gateway o proxy ha ricevuto una risposta non valida dal server upstream
    • 503 Service Unavailable: Il server non è disponibile al momento (ad esempio, per manutenzione o sovraccarico)

Tra i tanti codici di stato HTTP qui menzionati, i più comuni utilizzati sono: 200, 403, 404 e 500. Per maggiori approfondimenti, è possibile consultare l’apposito articolo di Wikipedia.

Autenticazione e autorizzazione

La sicurezza dell’API è molto importante e i suoi componenti critici sono l’autenticazione e l’autorizzazione. Anche se i termini sono spesso usati in modo intercambiabile, rappresentano due processi distinti.

L’Autenticazione è il processo di verifica dell’identità dell’utente o dell’applicazione che richiede l’accesso a un’API. L’obiettivo è assicurarsi che chi sta facendo la richiesta sia effettivamente chi dice di essere. Ecco alcuni metodi comuni di autenticazione nelle API:

  • API Key: Una stringa univoca (chiave) fornita a chi usa l’API per identificarsi. Viene inclusa nelle richieste HTTP per verificare l’identità dell’utente. Le chiavi API devono essere archiviate in luoghi sicuri e non divulgate nel codice per impedire l’accesso non autorizzato.
  • OAuth 2.0: Un protocollo standard che permette a terze parti di accedere a risorse protette senza esporre le credenziali degli utenti. Funziona generando un “access token” che viene utilizzato nelle richieste successive. È ampiamente utilizzato da piattaforme come Google e GitHub per fornire un accesso limitato ai dati degli utenti. L’utente autorizza l’applicazione e l’applicazione riceve un token di accesso che può essere utilizzato per effettuare richieste API autorizzate. Questo è un metodo più flessibile e sicuro rispetto alle chiavi API.
  • JWT (JSON Web Token): Un formato di token utilizzato per trasmettere informazioni verificate tra due parti. Il token include informazioni sull’utente e scade dopo un certo periodo di tempo.
  • Basic Authentication: Utilizza un nome utente e una password codificati in Base64. È semplice ma non molto sicuro, a meno che non venga utilizzato insieme a HTTPS.

L’Autorizzazione è il processo di verifica dei permessi di un utente o di un’applicazione dopo che l’autenticazione è avvenuta. Mentre l’autenticazione risponde alla domanda “Chi sei?”, l’autorizzazione risponde alla domanda “Cosa sei autorizzato a fare?”. Alcuni approcci comuni per gestire l’autorizzazione nelle API includono:

  • Ruoli e Permessi: L’utente o l’applicazione autenticata viene associata a uno o più ruoli (ad esempio, “admin”, “user”) e ogni ruolo ha specifici permessi su cosa può fare (ad esempio, leggere, scrivere, eliminare dati).
  • OAuth Scopes: Nell’ambito di OAuth 2.0, i “scopes” definiscono i permessi associati a un token di accesso. Ad esempio, un token potrebbe avere lo scope “read” che permette solo la lettura dei dati.
  • Access Control Lists (ACL): Liste che definiscono quali utenti o ruoli possono accedere a specifiche risorse o eseguire determinate azioni.

Perchè utilizzare l’autenticazione nelle API?

  • Prevenire l’accesso non autorizzato. L’autenticazione garantisce che solo determinati utenti e applicazioni possano accedere all’API. Ciò impedisce l’accesso non autorizzato ai dati riservati.
  • Limite di velocità. L’autenticazione aiuta a tenere traccia dell’utilizzo dell’API, consentendoti di applicare limiti di velocità per prevenire l’uso improprio dei dati.
  • Monitoraggio. L’autenticazione consente la registrazione e il monitoraggio dettagliati dell’utilizzo dell’API, che può essere molto importante per identificare gli errori.

Limitazione e strozzamento della velocità

Il Rate Limiting è la pratica di limitare il numero di richieste che un client può fare a un’API in un determinato periodo di tempo, ad esempio limitare le richieste a 1000 per ora per ogni chiave API. Se un client supera questo limite, l’API inizierà a rifiutare ulteriori richieste con un errore HTTP 429 (“Too Many Requests”) fino a quando il periodo di tempo non viene ripristinato. Questo è essenziale per:

  • Prevenire l’abuso: Impedire che un singolo utente o applicazione sovraccarichi l’API con un numero eccessivo di richieste, che potrebbe degradare le prestazioni per altri utenti
  • Migliorare la stabilità: Proteggere l’infrastruttura backend dell’API da picchi di traffico, riducendo il rischio di downtime
  • Gestire le risorse: Assicurarsi che le risorse del server siano utilizzate in modo equo e ottimizzato

L’implementazione può essere fatta secondo uno di questi principi:

  • Token Bucket: un algoritmo implementa il rate limiting, dove n “token” vengono aggiunti a un “secchio” a intervalli regolari, e ogni richiesta consuma un token.
  • Fixed Window: in questo caso, le richieste sono limitate per una finestra di tempo fissa, ad esempio, 100 richieste per ogni minuto.
  • Sliding Window: si tratta di una variazione del punto precedente che tiene traccia delle richieste in una finestra temporale mobile, rendendo la limitazione più fluida e precisa.

Throttling (strozzamento) è il processo di controllo della velocità con cui un client può inviare richieste a un’API, rallentandole se necessario. Mentre il rate limiting blocca del tutto le richieste che superano un certo limite, lo strozzamento le rallenta, senza bloccarle completamente. Lo scopo è ridurre temporaneamente la velocità di risposta ai client durante i picchi di utilizzo per mantenere la stabilità del sistema per impedire che un aumento improvviso del traffico possa causare un’interruzione del servizio. Ad esempio, se un client invia troppe richieste in un breve periodo, l’API potrebbe iniziare a rispondere più lentamente o ritardare le risposte per alcune richieste, invece di rifiutarle completamente.

L’implementazione può essere fatta secondo uno di questi principi:

  • Gradual Backoff: si rallentano progressivamente le risposte man mano che aumenta il numero di richieste
  • Queueing: si mettono in coda le richieste in eccesso e processarle lentamente

Test dell’API

Il test è di grande importanza nel processo di sviluppo dell’API. Ti consente di garantire che la nostra applicazione comunichi correttamente con il server ed elabori i dati come previsto. Durante il test, utilizzando strumenti appositi, è possibile effettuare richieste all’API, verificare e analizzare le risposte, nonché registrare problemi nelle prime fasi di sviluppo. Tra i vari test che possiamo effettuare, ricordiamo:

  1. Test di Unità (Unit Testing): verifica che le singole unità di codice (ad esempio, funzioni o metodi) funzionino correttamente.
  2. Test di Integrazione (Integration Testing): verifica che i diversi componenti dell’API funzionino correttamente insieme.
  3. Test di Funzionalità (Functional Testing): verifica che l’API soddisfi i requisiti funzionali specificati.
  4. Test di Carico (Load Testing): valuta le prestazioni dell’API sotto un carico elevato per vedere come si comporta in condizioni di stress.
  5. Test di Sicurezza (Security Testing): identifica le vulnerabilità di sicurezza nell’API.
  6. Test di Regressione (Regression Testing): verifica che le nuove modifiche non abbiano introdotto bug nelle funzionalità esistenti.
  7. Test di Interoperabilità (Interoperability Testing): garantisce che l’API possa funzionare correttamente con altre API e sistemi.
  8. Test di Usabilità (Usability Testing): verifica che l’API sia facile da usare e ben documentata.

Esistono diversi strumenti disponibili per testare le API, ognuno con caratteristiche e funzionalità specifiche che possono aiutare a coprire diversi aspetti del processo di test. Ecco alcuni dei più popolari e utili:

  • Postman, il più popolare. Offre un’interfaccia intuitiva per creare, testare e documentare API. Supporta test manuali e automatizzati, gestione delle collezioni di richieste, e variabili per configurare ambienti.
  • SoapUI è uno strumento open-source. È particolarmente potente per i test di integrazione complessi e offre funzionalità avanzate come i test di carico e i test di sicurezza.
  • Apache JMeter è uno strumento open-source progettato per eseguire test di carico e di prestazioni. Può anche essere utilizzato per testare funzionalità API, benché sia più comunemente usato per simulare un elevato numero di richieste.
  • Insomnia è uno strumento per il test delle API che si concentra su una user experience semplice e potente. È particolarmente adatto per testare API REST, GraphQL e gRPC.
  • Newman è un command-line tool che permette di eseguire collezioni di test Postman. È utile per integrare i test delle API in una pipeline CI/CD.
  • Swagger è un insieme di strumenti open-source per la progettazione, la costruzione, la documentazione e il test di API. Swagger UI permette di esplorare le API interattivamente, mentre Swagger Inspector permette di testarle.
  • Karate DSL è un framework per testare API che combina caratteristiche di BDD (Behavior-Driven Development) e test API. È particolarmente potente per eseguire test di API REST e SOAP con un approccio simile a Cucumber.
  • Rest-Assured è una libreria Java specificamente progettata per testare API RESTful. Fornisce un’API fluente per scrivere test, rendendo più semplice l’interazione con le API e l’asserzione dei risultati.
  • Pact è uno strumento per il test di contratti che garantisce che i microservizi siano compatibili tra loro. Verifica che i fornitori di servizi soddisfino i requisiti definiti dai consumatori.
  • Hoppscotch è uno strumento open-source leggero per testare API. Offre un’interfaccia semplice per eseguire richieste API HTTP e WebSocket.

La scelta dello strumento di test API dipende dalle esigenze specifiche del progetto, dalla complessità dell’API, dal linguaggio di programmazione utilizzato e dalle preferenze del team. Integrare questi strumenti in un processo di sviluppo continuo aiuta a garantire che le API siano robuste, sicure e pronte per essere utilizzate in produzione.